L’estate 2020 sarà un’occasione per riscoprire le molte peculiarità che caratterizzano tutte le regioni italiane, dal Trentino alla Sicilia. Infatti, in virtù della posizione geografica che pone l’Italia al centro del Mediterraneo, delle antiche popolazioni che l’hanno abitata e delle influenze di cui è stata oggetto nel corso della storia, ciascuna delle 20 regioni del Bel Paese ha tradizioni culinarie, dialetti e artigianato molto diversi tra loro. Per questo, la conoscenza delle indissolubili identità regionali in tutta la loro ricchezza, che può variare di molto se ci si sposta anche solo di pochi chilometri, se unita alla scoperta del territorio può regalare un viaggio veramente unico.
Ecco dunque i suggerimenti di eDreams, una delle agenzie di viaggi online leader in Europa, per scoprire, insieme alle meraviglie paesaggistiche e culturali della Penisola, anche alcuni tra i gioielli dell’artigianato locale italiano.
La magia della sabbia e del fuoco: il vetro di Murano
Il legame tra Venezia e l’arte vetraria è antichissimo e ha trovato il suo epicentro a Murano, un’isola fatta di isole, popolata da casette rinascimentali e patria di numerose dinastie di mastri vetrai che costituiscono la principale attrattiva dell’isola e hanno reso famosa l’arte della lavorazione del vetro in tutto il mondo fin dal VIII secolo. Famosa per il suo faro e le pittoresche stradine, l’isola è stata eletta sede ideale delle fornaci proprio perché la posizione lontana dalla terra ferma avrebbe consentito di tenere circoscritti anche eventuali incendi. I vetrai, essendo la lavorazione del vetro molto complessa e costosa, acquisirono potere nella società lagunare e cominciarono a godere di alcune immunità, ma non furono mai autorizzati a lasciare la Repubblica, consentendo così a Venezia di mantenere il controllo sui segreti della loro arte. Per molti secoli, i vetrai di Murano hanno avuto uno stretto monopolio sulla qualità e il processo di produzione del vetro, fino alla riscoperta degli antichi vetri romani, le odierne murrine. Oggi è possibile vedere nelle fornaci e nei laboratori aperti al pubblico gli stessi maestri all’opera mentre lavorano la pasta di sabbia con fuoco e aria. Si può, inoltre, visitare il Museo del Vetro, all’interno dell’antico Palazzo dei Vescovi di Torcello, che custodisce la vera storia dell’arte vetraria dal 1300 al 1900.
L’oro nero di Sicilia: il cioccolato di Modica
Il cioccolato giunse delle Americhe in Europa a metà del XVI secolo, periodo durante il quale questa ricetta, unica nel suo genere e proveniente dal popolo azteco, fu introdotta direttamente dagli spagnoli nella Contea di Modica. In origine, il cioccolato di Modica veniva preparato dalle nobili famiglie modicane durante feste ed avvenimenti importanti e solo successivamente divenne un prodotto popolare, conosciuto in tutto il mondo. A differenza della preparazione classica del cioccolato, quello di Modica ha una consistenza granulosa ottenuta dalla lavorazione a freddo delle fave di cacao che non vengono sottoposte alla fase di concaggio. Per la sua produzione si utilizzano le fave di Sao Tomè, che una volta sbriciolate vengono mescolate con il burro di cacao e lavorate con lo zucchero di canna grezzo e le spezie a 40 gradi in modo che i cristalli non si sciolgano e diano la caratteristica consistenza granulosa. Oltre a essere la patria di questo gioiello di pasticceria, la città di Modica è tra le più pittoresche della provincia di Ragusa e ospita alcune bellezze architettoniche che da anni l’UNESCO ha inserito nella lista dei beni Patrimonio dell’Umanità. Da vedere, nella parte più vecchia della città, le case ricavate in parte sfruttando le cavità della roccia, grotte naturali abitate fin dall’epoca preistorica.
Moda Mare Positano: i sandali più famosi della Costiera
Tra limoni, spiagge incantevoli e paesini pittoreschi, la Costiera Amalfitana è famosa in ogni angolo del globo e senza dubbio Positano è considerata la meta più amata dai turisti, grazie ai suoi scorci indimenticabili e alla sua posizione a ridosso dei crostoni di roccia, con le case colorate che si affacciano sul mare blu e la cupola piastrellata del Duomo. Tra gli innumerevoli manufatti di artigianato che Positano può enumerare, non si possono non nominare i sandali di Positano, una tradizione ormai famosa in tutto il mondo e simbolo dell’estro creativo dei calzolai di questa zona. Questo tipo particolare di calzari, infatti, venne inventato all’indomani della Seconda guerra mondiale, quando occorreva un’idea nuova che risollevasse la situazione economica degli artigiani e nacque così un tipo di sandalo molto semplice e altrettanto comodo, che fece faville nel bel mondo del cinema e dello spettacolo. I modelli con il tempo hanno subito diversi ammodernamenti ma ancora oggi è possibile identificare alcuni elementi caratteristici che distinguono il vero sandalo di Positano dagli altri, come la tecnica con cui vengono costruite le suole, formate da due strati di cuoio cuciti tra loro con uno spago “impeciato” e incerato; il tacco, anch’esso ricoperto di cuoio e, infine, la modalità con cui vengono assemblate suola e tomaia, che secondo la tradizione devono essere unite solo tramite elementi in ottone senza l’utilizzo di nessun tipo di colla. Per quanto riguarda i modelli, i più classici sono quelli ad infradito, a fratino o a ragno.
Il tesoro della Barbagia: Sa Burra
La Sardegna è nota in tutto il mondo per la bellezza delle sue coste, ma al suo interno custodisce altrettanti tesori, meritevoli della scoperta dei turisti. In particolare, pochi conoscono le attrattive della zona della Barbagia, dove la sabbia delle coste lascia spazio a una natura incontaminata, brulla e selvaggia, culla di tradizioni millenarie che ancora oggi si possono osservare. Tra queste, di pregevole manifattura e dalla storia affasciante è Sa Burra, il tappeto tipico dei paesi Sarule, Gadoni e Orani, che veniva donato dalle donne barbaricine al primogenito al momento del fidanzamento e diviso in due qualora il matrimonio fosse finito. Sa Burra è interamente ricavato dal vello della pecora: per l’ordito, infatti, viene utilizzato lo stame, più forte e resistente, mentre per la trama si utilizza la lana, più soffice e lavorabile. Secondo la tradizione, il tappeto veniva intessuto ininterrottamente per 40 giorni da tre donne che si avvicendavano al telaio e il committente aveva il compito di sfamarle durante la tessitura, portando loro latte caldo e altri alimenti. Una volta completato, il tappeto veniva colorato con erbe tipiche dell’entroterra sardo, mentre la trama normalmente riportava disegni di scene tipiche della vita di queste terre.