Come artista, un uomo non ha altra patria in Europa che Parigi.
Friedrich Nietzsche, Ecce Homo, 1888
Di Eleonora Boggio
Morbida, suadente, incostante, sontuosa e riottosa. Bella di notte, come una sfrontata ballerina del can-can, e affascinante di giorno nelle sue architetture barocche. Parigi seduce ed affascina come quelle donne viziate e imprendibili. Insaziabile icona del bello, brilla di ricordi monarchici en plein air, e sorride sorniona dai suoi bistrot. Intorno, aroma di sfoglia lievitata in un croissant e roquefort sciolto su filetti rigorosamente al sangue.
Auguri!
Ci sono francobolli di vita che riaffiorano nel tempo, trasformandosi in ombre indelebili. Dai contorni ingialliti e dalla messa a fuoco sbollata. Sono custoditi nei viaggi, le cui valigie, cariche di ricordi vengono stipate nei cassetti della memoria. Ma dove porti chi conosci da una vita perchè quella vita te l’ha data? Semplicemente in un luogo dove è già stato, mostrandogli, in un momento diverso, orizzonti già noti.
Un viaggio è per sempre
“Cosa regaleresti all’uomo della tua vita?”
Dopo un lungo e ponderato brain storming tra amiche e colleghe di lavoro sono giunta alla conclusione che un fine settimana nella città degli innamorati potesse rappresentare l’optimum. D’altronde San Valentino era nell’aria e per tutte era immediato chi fosse il mio accompagnatore.
E, invece, sono partita con lui. Beh, in realtà c’era anche sua moglie e la creatura che per osmosi è diventata loro nipote. Per festeggiare un compleanno da re, la scelta è caduta sulla Ville Lumiere che ho gustato in formule diverse nelle più disparate declinazioni stagionali. Con Fido, come bagaglio a mano, e due genitori seduti di fronte sono partita dalla stazione di Milano Garibaldi, a bordo di un comodissimo, TGV Duplex (quelli di nuova generazione, per intenderci) con direzione Gare de Lyon. Un confortevole viaggio di poche ore a 300 chilometri orari. Almeno da Lione in poi, dove il gioiello delle ferrovie francesi comincia letteralmente a volare sui binari.
TGV: in volo sui binari
Inaugurata il 15 dicembre scorso, la nuova tratta Milano-Parigi delle ferrovie francesi (Sncf) era da tempo attesa dai viaggiatori italiani e francesi. A poco più di due mesi dal suo lancio, infatti, il bilancio è più che positivo: oltre mille passeggeri trasportati con un load factor del 90%. Grazie ai tre collegamenti giornalieri di Sncf, quindi, l’Italia e la Francia hanno decisamente accorciato le distanze. I treni che operano il servizio di andata e ritorno sono dei Tgv con una capacità di 360 posti e consentono un viaggio assolutamente confortevole adatto ai business traveller. In sette ore si arriva a destinazione.
Ad accoglierci una Lutetia gelida. Il termometro recita parecchi gradi sotto zero ma non sarà questo un deterrente per gustare la città dalle mille luci e, per questa volta, a pieno titolo dalle ottanta candeline.
Madeleine proustiana e ovo sodo sartriano.
Se la cena si consuma in una traversa di rue de Rivoli, dove un filet mignon, di nome ma non di fatto, fa capolino sul piatto tra i pianti di Fido che vorrebbe addentarlo, la mattina seguente i profumi si fanno più dolci. Su Rue Royal a pochi passi dalla Madeleine, si trova un impero della pasticceria. Dal 1862 Ladurèè delizia i palati degli avventori con i suoi macarons, morbidi gusci di pasta di mandorle dal sapore delicato che un certo Pierre Desfontaines, cugino di secondo grado del fondatore Louis Ernest Ladurée, ebbe la geniale idea di sovrapporre uno sull’altro, uniti da una farcitura.
Basilico e liquirizia, menta e vaniglia, pistacchio, rosa e violetta, ciliegia, cioccolato , mimosa in arrivo direttamente da Parigi, con un assortimento rigorosamente stagionale. Li avevo assaggiati in Via Spadari, a Milano, dove la boutique aveva aperto di fronte al sacello di Peck, niente a che vedere con l’emozione di gustarlo in loco.
Nonostante il cartello inviti a non entrare in presenza di cani, faccio l’italiana. Spingo Fido sul fondo della borsa e il gioco è fatto. Ma al macaron scelgo una madeleine. Soffice e farcita di mandorle. Per ricercare, sull’onda delle mandorle, quei ciliegi all’ombra dei quali, si riposavamo le fanciulle in fiore.
Tra Boulevards et Magazins
Con un retrogusto di gelsomino che si fa indelebile sul palato, indossati guanti e sciarpa, pronti per una spedizione nel grande freddo, il gruppo si divide. Io procedo con Fido sui Grands Boulevards mentre festeggiato e signora attraversano la Senna, all’altezza di Place Concorde, dirigendosi verso i musei. La mattina scorre intermittente, e mi sento un filo in costante corsa da un negozio all’altro. C’è chi confondendomi con una locale per il cane in borsetta, ormai prossimo al congelamento, mi chiede informazioni. Ammicco e rispondo, cimentandomi nel mio francese dalla matrice italiana. D’altronde, quando mi ricapita di essere scambiata per una vezzosa locale? La madeleine, seppure ispiratrice di reminiscenze proustiane, non basta a sedare il brontolio dello stomaco.
Nel frattempo il gruppo, si ricongiunge mentre un timido sole si affaccia sul lungo Senna. Un amarcord nel quartier Latin, non sarebbe completo senza una sosta nel regno dell’esistenzialismo dove Sartre, dava appuntamento al suo Castoro (ndr. Simone De Beauvoir), riparati dall’abbraccio discreto della Sorbona. Ordino un uovo sodo e un caffè annacquato. Accanto a me un uomo sulla cinquantina, disegna sulla tovaglietta di carta. Mi guarda, sorride e comincia a imprimere un tratto. Riconosco Fido, che beve dalla ciotola che gli ha offerto il cameriere.
Place Des Vosges: il quadrato perfetto
Nel pomeriggio, dopo una passeggiata ai giardini delle Tuileries, mi perdo nel Marais. Una panchina per godermi la cornice di una delle più belle piazze al mondo. E’ place des Vosges, esempio di architettura del XII secolo. La piazza è un quadrato perfetto, come perfetto è l’ultimo scampolo di vacanza che mi lega a Parigi. Un saluto ai gargoyles di Notre Dame, ed è già tempo di partire.
Fido, riprende il suo posto sul TGV. Si assopisce e con lui scivolano in un sonno ristoratore i miei accompagnatori di questa due giorni. Abbiamo camminato tanto e ancora di più, per scaldarci dalla morsa di un freddo beffardo. Non io, però. Ho gli occhi che mi bruciano, tanto sono pieni di immagini.
Accarezzo Fido, ormai abbandonato ai suoi sogni, mentre i comignoli della banlieu sfilano dal finestrino facendomi calare il sipario su un viaggio speciale. Uno di quelli che, neanche volessi, potrei dimenticare. Tutta colpa di Proust, se quei numeri resteranno impressi come un marchio nei ricettacoli della memoria. Restituendomi gli echi di una capitale sussiegosa, i sorrisi due compagni di viaggio speciali, le coccole delle quattro zampe di Fido e le ottanta candeline dell’uomo della mia vita.