Di: Isabella Pesarini
Quando la vacanza è quasi giunta al termine, quando ci si prepara a tornare a casa, quando ormai le valigie sono fatte e si pensa di dover solo aspettare qualche ora prima di prendere l’aereo … ecco che tre ragazze reinventano l’ultimo giorno di permanenza in Andalusia per scoprire il capoluogo, Siviglia!
Direttamente da Tarifa, un piccolo paese noto per essere il punto di congiunzione tra il Mar Meditarraneo e l’Oceano Atlantico, prendiamo il pullman di primo mattino e dopo tre ore di panorama tanto diversificato quanto indimenticabile arriviamo a Siviglia. Ci lasciamo alle spalle le onde dell’Oceano Atlantico, il vento tanto adorato dai surfisti, la terra arida resa rossa dal sole, le centrali eoliche, gli zingari andalusi … Cerchiamo di lasciare le valigie all’ufficio turistico, all’ufficio postale, alla stazione dei pullman … è tutto inutile, dopo un paio d’ore ci arrendiamo all’idea di visitare una città con due trolley a testa. Che sia benedetto l’inventore delle rotelle!
È una giornata di un caldo infernale, le gocce di umidità si poggiano senza pietà sulla pelle, l’umidità prende quasi forma solo respirandola. Ci facciamo coraggio e procediamo inesorabili verso il centro. Alzo gli occhi al primo orologio della giornata: ore due del pomeriggio.
Siviglia è una perla di storia! È impossibile non notare la convivenza pacifica delle tre maggiori culture che hanno influenzato l’Europa, quella cristiana, quella araba e quella ebraica, nei monumenti e nelle vie del centro storico, della Siviglia medievale che vive ancora adesso. Le strade e i mercati sono attrezzatI con tendoni sull’ocra-arancio fissati da un palazzo all’altro per mezzo di pioli sporgenti dai muri, questo per rendere la passeggiata più vivibile dato il caldo impietoso di questi giorni di agosto. Le vie del mercato assumono un aspetto quasi di installazione d’avanguardia, ci sono tendoni ovunque, ho come l’impressione di camminare all’interno di una fondazione di arte contemporanea! Le botteghe artigianali di ceramica, ricami, pizzi, scialli con le frange, mantiglie, ventagli, abiti tradizionali come i vestiti e gli accessori da flamenco mi ricordano che sto camminando in una città medievale. Nei mercadillos, i popolari mercati all’aperto, non posso fare a meno di venire conquistata da una ballerina di Siviglia, le tipiche bamboline di pezza colorate, simbolo della città stessa. Guardo questa ballerina e ne resto incantata, sento l’impulso incontrollabile di acquistarne una! Il venditore mi spiega che abbiamo avuto fortuna ad aver trovato un mercadillo, essendo capitate a Siviglia giusto per mezza giornata come tappa intermedia prima del ritorno, infatti questi mercati sono presenti solo in determinati giorni della settimana.
Proseguiamo nel nostro itinerario casuale alla scoperta delle meraviglie della città.
Sono le tre del pomeriggio quando arriviamo in Avenida de la Constitución: Sua Maestà la Catedral de Santa María de la Sede investe i nostri sguardi in tutta la sua imponenza. Davanti ai nostri occhi si erge la più grande cattedrale gotica del mondo, il terzo edificio religioso per dimensione, primo San Pietro a Roma, secondo St Paul’s Cathedral a Londra. La Puerta del Principe mi lascia senza parole: è la facciata principale in cui riconosco il rosone gotico al centro, l’arco gotico del portone d’entrata e le guglie che accompagnano l’architettura della Cattedrale. La Puerta de la Asunciòn ripropone i tratti gotici nell’architettura esterna, un perfetto continuo del lato precedente, così come la Puerta del Bautismo, entrambe le porte si trovano sul lato occidentale della Cattedrale. La macchina fotografica si materializza nelle mie mani e … via con centinaia di click per immortalare l’angolatura migliore! Una guglia su cui è poggiata una tortora, facendo sfoggio di perfetto ed invidiabile equilibrio, un assieme di arcate, guglie e scalinate illuminate da un sole quasi accecante. È solo quando svolto sul lato orientale che mi accorgo della Giralda, la celeberrima torre a base quadrata che si trova spessissimo sulle cartoline ricordo insieme alla foto frontale della Cattedrale. Resto senza fiato! Questo antichissimo minareto della moschea di Siviglia porta i segni dell’incontro di diverse culture: la sezione principale è la parte di cultura islamica, la parte più antica, risalente nientemeno che al dodicesimo secolo d.C., la statua in cima alla torre è di matrice cristiana, statua che rappresenta la fede, oltre alla struttura di torre campanaria vera e propria, derivata da un ampliamento del minareto originale. La statua in origine portava il nome di Giralda, finché non diventò il nome originale della torre, per cui la statua assunse il nome di Giraldillo.
Finisco la memoria della card della macchina fotografica e mi rendo conto dell’ora, le cinque del pomeriggio. Torno indietro a cercare le mie amiche, che trovo sedute sugli scalini della Cattedrale. Una delle due ha provato a intercedere per visitare l’interno, ma l’orario, e soprattutto le valigie, non ce lo permettono. Decidiamo di ripiegare su qualche oretta di riposo, tra un caffé pomeridiano e la cena. Torniamo nelle vie dello shopping, nell’atmosfera tra il passato e il futuro dei tendoni e dei mercati, ma quando torniamo in Avenida de la Constitución la scelta diventa obbligata. I comodi divani di Starbucks seducono le nostre membra stanche, i caffé giganteschi e golosi soddisfano i nostri palati assetati e quietano i nostri stomaci affamati. In fondo stiamo trascinando almeno dieci chili di valigie tra i ciottoli non proprio regolari del centro storico!
Grazie al collegamento wi-fi all’interno del punto vendita decidiamo di prendere l’ultimo pullman per l’aeroporto, appena prima di mezzanotte, tanto l’imbarco è previsto per le quattro del mattino. Siviglia ci ha incantato, Siviglia ci vuole ancora cantare le sue bellezze.
Appena due ore dopo siamo già sedute a un piccolo ristorante dove ordiniamo pollo e patatine fritte accompagnate da un insalata. Sta tramontando il sole e Siviglia assume un aspetto misterioso, le guglie gotiche fanno da sfondo a una serie di personaggi assolutamente bizzarri. Sfilano uno dopo l’altro, sotto i nostri sguardi sbigottiti. Per primo, un prete o forse un rabbino, un uomo sulla cinquantina che indossa entrambi i paramenti, chissà qual’è la sua vera fede di appartenenza. Segue una suora corpulenta, che a contrario del pensiero comune cammina come se sfiorasse appena i ciottoli che sostituiscono il marciapiede. Ammiro rapita questa donna con tanti chili di troppo che si muove con la stessa grazia di un’étoile di danza classica, questa donna così tranquilla del suo aspetto che irradia fascino in ogni passo, fino a svanire, leggera e silenziosa così come era entrata in scena. Il personaggio successivo è esattamente l’opposto. Come un gatto in fuga appare da chissà quale angolo nascosto un ragazzo molto magro, forse nemmeno maggiorenne, con la stessa ansia di un animale braccato il ragazzo si muove a scatti, si volta fino al limite umano di torsione del busto, come per controllare se qualcuno lo stia seguendo alle spalle. Il ragazzo si ferma a qualche metro davanti al nostro tavolo, la forchetta mi cade pesantemente sul piatto, sarà stato il rumore metallico della caduta della posata sulla porcellana o un suo pensiero incomprensibile che il ragazzo schizza via dai nostri sguardi a tutta velocità. La scena si conclude come un film degli Anni Cinquanta con un tocco di modernità. Una distinta signora sulla quarantina entra in un kebab. Fin qui tutto normale, se non fosse per l’abbigliamento degno del miglior film noir, in stile Ava Gardner in The Killers: abito da sera nero scollato a cuore con una striscia che collega l’abito al collo. Sono quasi le nove di sera, cosa ci fa una quarantenne così abbigliata in pieno centro storico da sola e soprattutto che entra in un kebab? Meglio non porsi domande, la sfilata dei personaggi così come la cena sono finiti, tra una chiacchera e l’altra il tempo per prendere l’autobus per l’aeroporto trascorre veloce.
È l’una di notte, a fatica riesco a tenere le palpebre aperte, ci sdraiamo sui sedili della sala d’aspetto finché … “Aeropuerto cerrado! Aeropuerto cerrado!” Un addetto alla sorveglianza ci ordina di lasciare immediatamente l’aeroporto, non è prevista la sala d’aspetto fino alle quattro del mattino, quando iniziano i primi imbarchi. Dove andiamo? All’uscita dell’aeroporto ci aspetta una sorpresa: tantissimi ragazzi sono accampati lungo i lati in prossimità delle porte, anche perché ci troviamo proprio all’imbocco della strada di fronte a una stazione di benzina, non proprio la sistemazione migliore per un sonno tranquillo. C’è chi prova a dormire raggomitolandosi sul carrello portabagagli, chi si stende sui giornali, chi decide di ingannare il tempo restando sveglio. Io e una delle mie amiche scegliamo di rimanere sveglie e facciamo amicizia con dei ragazzi più o meno della nostra età. Vinco una partita a briscola, festeggiando la vittoria con una bottiglia di birra come premio, perdo la successiva a scala quaranta, il peggio viene col poker. La notte passa veloce, appena le porte dell’aeroporto si aprono svegliamo l’altra mia amica che è diventata un tutt’uno col carrello portabagagli, imbarchiamo le valigie, saliamo sull’aereo e …
Arriviamo a Milano insieme ai ragazzi delle partite a carte, facciamo tappa con loro e proseguiamo per il prossimo viaggio, destinazione Pescara, il tutto per una ventina di ore di viaggio senza sosta.
Ma non sentiamo la stanchezza. La grandiosità di Siviglia ha fatto segno in nemmeno un giorno di passaggio, le sue contraddizioni la hanno resa indimenticabile. Siviglia resta una fiaba con altre pagine da scoprire.