Di Stefano Todisco
Otranto è il comune italiano più a oriente e proprio per la sua posizione vanta importanti influenze culturali mutuate dal mondo greco. Questa città fu in origine un sito abitato dal primo popolo storico del Salento, i Messapi, comunità di città-stato indipendenti e alleate. E proprio il terreno aggettante di questo sperone roccioso fu il teatro di una strage religioso-politica: nella vigilia di Ferragosto del 1480 le truppe turche di Maometto II trucidarono i martiri di Otranto che si opposero alla conversione. Le loro ossa giacciono nella splendida Cattedrale: fusione di romanico imponente e di gotico slanciato, questo monumento sacro vide la luce alla fine dell’XI secolo e annovera un pavimento completamente mosaicato, il più grande dell’Europa antica, realizzato con oltre mezzo milione di tesserine. Vi sono raffigurate scene di battaglia, uomini illustri come Alessandro Magno, mostri e demoni dell’immaginario medievale, Adamo ed Eva, scene bibliche, la condanna dei dannati, la ricompensa dei beati, i vizi e le virtù umane e il ciclo dei dodici mesi, il tutto diviso simmetricamente dal grande Albero della Vita, antichissimo simbolo di nascita e di prosperità.
Fuori città è possibile raggiungere l’affascinante Grotta Zinzulusa, il cui nome deriva dalle stalattiti che in dialetto locale sono dette zinzuli cioè “stracci” visto l’effetto ottico che danno. Abitato dalla preistoria, questo pertugio è pieno di fascino mistico. La sua parziale impraticabilità, per motivi di sicurezza, rende misterioso l’antro ancora abitato da pipistrelli e da animali d’acqua salata.
Le spelonche della rocciosa costa sud salentina ci portano a metà tra le due località appena descritte: Santa Maria di Leuca, la città più a sud della Puglia, quello che gli antichi chiamavano “promontorio iapigio” (Iapigia è l’antico nome della Puglia) e in seguito “finis terrae” ovvero il confine della terraferma, il balcone che si affaccia sui due mari salentini che qui si infrangono l’uno nell’altro. Questo litorale frastagliato ha visto l’assieparsi di antichi culti legati alle caverne e alle divinità marine e celesti come Zis-Batas, il dio del fulmine dei Messapi, adorato nella Grotta Porcinara. I millenari culti vennero poi sbalzati dal credo cristiano, come testimonia il santuario di Santa Maria di Finis Terrae, sull’ultimo costolone che si protende verso il mare aperto.
Vestigia archeologiche non mancano nemmeno in questi luoghi, dove vi fu un centro messapico-romano, non ancora ritrovato con certezza, chiamato Veretum, presso l’odierna Patù. Unico monumento visibile sono le Centopietre, una grossa tomba in pietre locali (reimpiegate da un edificio precedente) appartenuta forse a un soldato cristiano ucciso a tradimento dai saraceni qui giunti e vendicato poi dai compagni.
Ultima tappa è il capoluogo della provincia, Lecce, meta di giovani in cerca di svago serale e sede di importanti musei e dell’Università del Salento. I due soprannomi dati alla città riassumono lo spirito del capoluogo: “Firenze del Barocco” e persino “Atene della Puglia”. Capitale del Barocco leccese, Lecce espone monumenti ricchi di forme ridondanti e adatte ai luoghi di culto della cristianità del XVII secolo. Ma anche di una piccola Atene pugliese si tratta, infatti il centro storico vanta i resti dell’anfiteatro romano, della colonna e del sedile di Sant’Oronzo, del teatro romano e del museo Castromediano, vero santuario per i patiti di archeologia.
Per placare i morsi della fame (e riprendere le energie dopo la visita della città piena di vicoli e negozi) non può mancare un assaggio del “rustico leccese”, un doppio disco di pasta sfoglia, cotta al forno o fritta, ripiena di besciamella, pepe, pomodoro e mozzarella. A fine giornata non può mancare uno sguardo verso il cielo stellato che, agli occhi di abitanti di grandi città “luminosamente inquinate”, appare come una distesa infinita e sublime di milioni di luci lontane e silenziose. Gli amanti della musica popolare non possono assolutamente perdersi la “Notte della taranta”, un festival di musica pugliese, che si tiene da poco prima della metà di agosto e termina col concertine di Melpignano, tra 25 e 27 di agosto. Musicisti salentini e gruppi di ballerini si esibiscono portando sul palco ritmi del sud e in particolare la celeberrima pizzica, imparentata con le tarantelle meridionali, dalla storia e dalla tradizione antica, radicata nella danza di corteggiamento da un lato e di guarigione dal morso della tarantola dall’altro.