Di Eleonora Boggio
Una meraviglia naturale rimodellata dall’uomo. Scoperta nel 1812 dallo svizzero Ludwig Burckhardt, Petra è l’emblema della Giordania. Con i suoi paesaggi sconfinati la città arancione è figlia della roccia Una strada lunga e stretta, quasi un budello circondato da pareti di arenaria rosa a strapiombo sul deserto del Wadi Rum, solcata da sempre da carovane di cammellieri. Deserti infiniti che fagocitano i contorni e annullano le distanze. Notturni stellati rincorrendo le note del flauto di una vedetta sui Monti di Edom. Lo spettacolo di un’alba prorompente che incendia l’orizzonte. E poi le città dei Nabatei: depositarie di una cultura segretamente custodita dalle pietre arenarie, attraverso tre millenni di storia. Un miracolo che si rinnova, giorno dopo giorno, nelle affascinanti visioni del medio oriente. deserto del Wadi Rum Avviene in Giordania, terra dagli spazi sconfinati resi ancora più grandi dalla conformazione morfologica. Con una superficie pari a quella dell’Italia settentrionale, la Giordania è caratterizzata ad est da una distesa di altipiani deserti che ad occidente precipitano nella frattura della crosta terrestre che dalla valle del Giordano, passando per il Mar Morto, sfocia fino alla piana dell’Arabah. Questa crepa, lunga trecento chilometri, evoca nel nome il suo subdolo scorrere sotterraneo: è il Ghor (Giordano) sottile linea di demarcazione che divide la Giordania dal resto del mondo. Graziata dal Ghor, è il caso di dirlo, la Giordania si è conservata intatta nella sua corsa contro il tempo. Qui, dove gli uliveti israeliani lasciano posto allo sterminato universo dei deserti arabi, sorgevano Sodoma e Gomorra. E il Ghor era Scilla e Cariddi insieme, lo spazio delimitato dall’etichetta sbiadita dell’ “hic sunt leones”, da cui provenivano spezie ed incenso. Terra strana la Giordania; le carte geografiche indicano un “mare” che in realtà è formato da due laghi, perché il Mar Morto si è prosciugato nel mezzo. Porta d’oriente e contemporaneamente punto di non ritorno. Eppure queste colonne d’Ercole custodiscono da allora alcune tra le vestigia più belle del mondo. Petra ne rappresenta l’emblema. La città rosa fu scoperta casualmente da uno svizzero (Johann Ludwig Burckhardt, nel 1812) cui capitò di vivere un’esperienza non molto diversa da quella sperimentata di persona non molto tempo fa. Sulle orme di Burckhardt
Dalla cima del Tesoro Così eccomi qui con la divisa d’ordinanza: sahariana da esploratore e camicia color cachi. All’appello manca il cappellaccio stazzonato e le mie Puma super-accessoriate sembrano stridere con le vestigia locali. Se non fosse per un’omissione e un anacronismo, rappresenterei una versione in gonnella, anzi in “pinocchietti”, di Harrison Ford in una della sue più riuscite interpretazioni. Correva l’anno 1989 quando un francobollo di Hollywood si trasferì in Giordania per girare il terzo episodio della fortunata saga dell’archeologo più avventuroso in pellicola. Il titolo? “Indiana Jones e l’ultima crociata”. E il Graal scivolava dalle mani di Indiana proprio dalla cima del Tesoro, prima tomba Nabatea che accoglie i visitatori al termine del canyon del Siq. D’altronde Petra, con i suoi paesaggi scolpiti dallo scorrere del tempo, rappresenta un set a cielo aperto. Ma non è stato Spielberg il primo a riscoprirla. Accolta e graziata dall’abbraccio dei monti dello Wadi Musa Petra, mitica Atlantide Nabatea, è stata cercata e trovata da uno svizzero in kefiah. Sarà un miraggio, ma ho come l’impressione di averlo davanti a me Johann Ludwig Burckhardt, in groppa a uno scattante cavallo arabo, che percorre incerto un canyon sempre più stretto. Intorno muri di arenaria rosa, scavati dall’acqua. Già, perché qui scorreva il Wadi Nusa, torrente periodico che, a detta della Bibbia, Mosè avrebbe attraversato durante l’esodo. Ed eccolo, il nostro svizzero, tradito dai colori quasi albini, che si aggira incerto lungo il canyon, sempre più angusto. Eppure sarà questo budello d’argilla a dar senso a un viaggio che da Damasco lo porterà al Cairo, attraverso una deviazione degna di fama nei libri di storia. Intanto il varco si restringe ancora di più, mentre si insinua nel cuore il dubbio che non sia questa la strada giusta per raggiungere la capitale del regno di Edom. Tentenna e barcolla lo svizzero, quando i profili all’orizzonte si fanno sempre più definiti: “realtà o allucinazione?” è il suo primo pensiero, fugato dal progressivo avvicinamento che delinea contorni e regala certezze. To be continued…