Kuta, Sanur e le altre
Anche se è nella zona di Kuta dove le sensazioni di questo tipo sono accompagnate dalla colonna sonora dello sciabordio dell’acqua. Qui, distribuiti a grappolo, schiere di teeneger ricoperti da tribali più o meno permanenti sono pronti a cavalcare l’onda perfetta di un oceano sprezzante e schiumoso. Sono i Kuta Boys, perlopiù australiani: una sorta di figli dei fiori del nuovo millennio.
Le strutture a Kuta sono offerte a prezzi accessibili e quasi tutte dispongono di piscine interne costruite nella maggior parte dei casi in seguito alle tristi pagine che hanno macchiato di sangue la storia di quest’isola.
Più asettica ma certamente prossima ad un’utenza europea la zona delle migliori strutture alberghiere. Il contrasto tra il caotico colore di Kuta e la perfezione artefatta diventa immediata non appena si varca il confine di Nusa Dua. Improvvisamente le strade vocianti di ragazzi in motorino e gli sguardi attenti di vecchi in grado di citarti a memoria tutti i libri del Veda, lascia spazio ad un ghetto dorato. Qui lungo la battigia, come su una passerella sfilano i migliori resort dell’isola. Hilton, Westin, Melia e Club Med sono solo alcune delle offerte del panorama di Nusa Dua. Tutti ricalcano lo stesso palinsesto: architetture più o meno standard ed un numero di camere che supera le 300.
E poi c’è Sanur dal grande appeal. Qui lo sguardo rischierà di incrociare al largo delle secche quello dei pescatori il cui strumento di lavoro, nonché valvola per la sopravvivenza, è la canna da pesca o quello degli anziani mollemente abbandonati sulla sabbia vulcanica nera per compiere la meditasi: pratica locale che prevede di trascorrere la giornata intervallando bagni nell’oceano e tintarelle sulla spiaggia.
Per vivere ore da pascià regalatevi una notte al Baly Hyatt. E perdetevi nel dedalo dei suoi giardini facendovi rapire dalla profusione degli aromi dei fiori di ibisco, zenzero e loto. Un tuffo nella piscina d’acqua salata fino alla grotta, rifugio protetto nell’intimità da una cascata testimone discreta di baci furtivi. Sebbene la Bali più emozionante sia quella induista che si può assaporare solo entrando nella vita dei suoi pacifici abitanti.
La trimurti dell’induismo
Quella balinese è una vera e propria filosofia caratterizzata dall’induismo.di stampo animista. Il trittico di Brama, Wisnu e Siwa rappresenta la metafora del cerchio della vita. Ricorrenze e feste legate a divinità riempiono il calendario balinese tanto che il principale luogo di ritrovo è proprio dato dal tempio. Vale la pena di ritagliare almeno una giornata alla scoperta dei templi di Bali. I più imponenti si trovano lungo la strada che porta ad Ubud: centro spirituale dell’isola.
Percorrete la stradina che porta al Pura Luhur Ulu Watu, tempio direzionale affacciato sull’oceano indiano e fermatevi ad ascoltare lo sciabordio della risacca. Il tempio è un inno agli dei del mare e per questo si erge, protetto dalle statue di calcare che rappresentano Ganesha, sulla punta sud occidentale della penisola. Da qui si abbraccia un prospettiva magnifica resa ancora più lirica al tramonto quando il sole, incendiando il cielo, muore nel mare. Di sottofondo il cadenzato ritmo della danza kecak, che complice una cornice di struggente bellezza, renderà lo spettacolo ancora più emozionante.
Il primato del tempio più fotografato lo detiene il Purah Tanah Lot da cui si abbraccia un’alba mozzafiato. Si tratta di un tempio marino visibile dal mare. Due le alternative per raggiungere questo tempio dai dieci tetti in quanto dedicato a Shiva: attraverso il mare, cosa possibile solo all’alba approfittando della bassa marea oppure attraverso la via crucis della trappola dei turisti. Banchetti con ogni genere di mercanzia e venditori accaniti vi inseguiranno in una estenuante corsa fino alla cima. Fate attenzione alle venditrici di frutta: sono le più accanite e il rischio, in caso di contrattazione non portata a termine, è quello di trovarsi con un casco di banane in testa.
Prossima tappa per chi cerca una Bali spirituale saranno le colline che dominano la parte occidentale dell’isola, fino a raggiungere il largo fossato che difende il Pura Taman Ayun: imponente tempio di stato nonché ultima effigie del regno di Mengwi. Anche se per carpire al meglio la teogonia della natura i locali non consigliano una sosta presso un particolare tempio. Suggeriscono invece di raggiungere il Kintamani dove lo sguardo si perderà nell’irrequieta caldera del Gunung Batur: scoppiettante dio della guerra reincarnato nella fattezze di un vulcano. Da cui tutto ha inizio e in cui tutto finisce.
P.S In coda al pezzo la seconda parte del racconto video dedicato a Bali. Esequie, dove i congiunti cantano e sorridono; la morte è un passaggio obbligato per la reincarnazione…