Di: Isabella Pesarini
… Cronaca semisemiseria di una distruttiva, gita d’istruzione nella capitale spagnola…
Lunes. Una classe di liceo atterra sull’altopiano madrileno, verso mezzogiono. Dopo infinite riunioni con i rappresentanti di classe, con i professori disposti ad accompagnarci, con i genitori e la preside per convincerli dell’utilità formativa della gita, eccoci calpestare il marciapiede dell’aeroporto di Barajas. Madrid è la capitale europea perfetta per una ventina di diciottenni, una metropoli ribelle che vuole provare tutto, curiosa ed aperta ad altre culture, raffinata e decisa sostenitrice del divertimento. È stata l’idea di Madrid ad attirarci, nonostante studiamo tre lingue straniere, tranne lo spagnolo, l’idea di chi l’ha visitata e continua a tornare come una seconda casa, l’idea di chi si è imbattuto in lei quasi per caso e vi si è trasferito.
Nonostante la primavera sia alle porte, il termometro registra appena 4 gradi! Giacconi e sciarponi sono un must per trascorrere una giornata all’aperto, tra giardini, esterni sconosciuti e qualche tappa ai musei più rinomati.
I professori hanno prenotato un albergo a tre stelle verso la periferia. Per pranzo ci viene servito un classico: pollo e patate arrosto.
Il pomeriggio è dedicato alla primissima scoperta della città. Ci imbattiamo in una serie di giardini ottocenteschi, in mezzo è situata una fontana immersa in un laghetto, l’acqua ferma che sembra quasi uno specchio su cui riflettere vezzosa la propria immagine. Ai bordi del laghetto delle statue di personaggi illustri in marmo bianco incorniciano la distesa d’acqua. I professori fanno sfoggio delle loro competenze illustrando brevemente l’immagine di Madrid all’estero: l’immagine di una capitale europea con il primato degli spazi verdi, rendendo possibile una pausa lontano dal caos del traffico cittadino e dai rumori del tran tran metropolitano.
Attraversiamo un ponte. La mia attenzione viene catturata dai numerosi chioschetti utilizzati come edicole, vendita di fiori, bancherelle per l’artigianato. Noto subito la frenesia del primo giorno della settimana: autobus che sfrecciano a tutta velocità, un sacco di taxi sulle corsie preferenziali, le uniche persone in giro a metà pomeriggio sono degli evidenti pensionati. Riconosco la similitudine tra Madrid e Milano, similitudine di stili di vita e del cielo grigio che non accenna affatto a uno squarcio nelle nuvole per permettere ai raggi del sole di scaldarci.
Lunedì è giorno di chiusura per la maggior parte dei musei, i professori scelgono di trascorrere il primo giorno di gita come introduzione alla città. Noi ragazzi immaginiamo già la fuga notturna in nome della movida spagnola, prendiamo come punto di riferimento una porta neoclassica in mezzo a una rotonda. Tuttavia scopriamo che i prezzi dei taxi sono un’innezia rispetto agli standard italiani!
Le sette del pomeriggio arrivano in un battibaleno. I professori decidono di riportarci in albergo, mascherando la loro stanchezza con false argomentazioni. Pieni di aspettative, ci rifugiamo nelle nostre camere, chiaccherando tra di noi fino a tarda notte.
Martes. Secondo giorno di gita! Siamo pieni di energie, non vediamo l’ora di vedere tutto, tutto e ancora tutto di Madrid! Ci sono musei, artisti di strada, nuove correnti culturali e artistiche che stanno nascendo proprio qui, in questo momento! Svegliamo i professori che, sbalorditi, accolgono le nostre richieste: in definitiva, un tour completo della città, senza curarsi dell’eventualità di rientrare anche a tarda notte in albergo. La cena fissata in hotel viene commutata col pranzo. Consumiamo velocemente il pasto senza troppo entusiasmo, pollo e patate lesse, acqua da bere. Ma Madrid ci aspetta, le nostre energie sono indirizzate ai musei!
La prima tappa è il Museo del Prado. Entriamo nel Palacio de Villanueva, un palazzo neoclassico del Settecento. Ci viene detto di concentrarci sulle opere di Diego Rodriguez de Silva y Velazquez e di Francisco José de Goya y Lucientes.
Il primo ha ritratto la famiglia reale della prima metà del Seicento, una serie di dipinti che sembrano guardare lo spettatore con emozioni differenti: tristezza, cupezza, intensità, curiosità, vitalità. La personalità dei volti ritratti è evidente al primo sguardo.
Le opere di Goya sono forse più scandalose: alcune ritraggono le torture che subì la popolazione spagnola agli inizi dell’Ottocento. I ritratti di Francisco Goya sono estremamente cupi, le espressioni riprodotte portano direttamente a un’immagine di terrore, senza pietà per lo spettatore. Riconosco La Maja Desnuda, testimonianza della presunta relazione tra il pittore e la Duquesa de Alba. La sala 67 mi provoca un’ondata di inquietudine. Qui sono poste le pinturas negras, le pitture nere, risalenti al periodo più tardo e cupo di produzione dell’artista spagnolo.
Ho bisogno di una boccata d’aria fresca per riprendere fiato dalle emozioni che mi hanno provocato tutti questi quadri. Un’immagine di storia e di guerra è stata immortalata in eterno sulle tele di Goya.
La seconda metà del pomeriggio è dedicata al Centro de Arte de Reina Sofia. I professori illustrano le motivazioni per cui è indispensabile visitare il museo. L’esterno è un perfetto esempio di architettura all’avanguardia: la Reina Sofia è composta da un edificio antico a cui è stata aggiunta una struttura in vetro e in acciaio, sul lato ovest di Plaza del Emperador Carlos V, in modo da poter ospitare una collezione vastissima di opere del ventesimo secolo, opere di Henry Moore, Eduardo Chillida, Vassili Kandiskij, Francis Bacon, Joan Mirò, Salvador Dalì e Picasso. La cartolina all’entrata cattura la mia attenzione. Convinco velocemente un’amica per staccarmi dal gruppo e scappare in direzione del simbolo della Reina Sofia: Guernica. La tela di 3.5 metri di altezza per 7.8 di lunghezza mi lascia pietrificata. Le pennellate di Picasso non lasciano spazio a nient’altro se non alla sofferenza, alla crudeltà, all’assurdità della guerra. Guernica, la reazione di Pablo Picasso al bombardamento della città omonima nei Paesi Baschi avvenuto nel 1937, su richiesta di Francisco Franco.
Riconosco il professore di filosofia che ha avuto la nostra stessa iniziativa, quella di staccarsi dal gruppo attratto dalla forza inarrestabile di Guernica.