Onirica lo è stata.
E non c’è niente di più surreale che proporla in versione short e infradito, adesso che è imbiancata. Un viaggio in eurostar per una fuga di due giorni nella capitale della riviera romagnola. Complice la tromba d’aria è stato come trovarsi catapultati nella pellicola felliniana Amarcord.
La vicenda, ambientata dall’inizio della primavera del 1932 all’inizio della primavera del 1933 (riferimento certo visto la corsa della VII edizione della Mille Miglia) in una Rimini onirica ricostruita a Cinecittà come la ricordava Fellini in sogno, narra la vita nell’antico borgo (o “e’ borgh” come a Rimini conoscono il quartiere di San Giuliano) e dei suoi più o meno particolari abitanti: le feste paesane, le adunate del “Sabato fascista”, la scuola, i signori di città, i negozianti, il suonatore cieco, la donna procace ma un po’ attempata alla ricerca di un marito, il venditore ambulante, il matto, l’avvocato, quella che va con tutti, la tabaccaia dalle forme giunoniche, i professori di liceo, i fascisti e gli antifascisti, ma soprattutto i giovani del paese; adolescenti presi da una prepotente “esplosione sessuale”. Tra questi è messo in particolare risalto il personaggio di Titta Biondi (pseudonimo per Luigi “Titta” Benzi, amico d’infanzia di Fellini) e tutta la sua famiglia: il padre, la madre, il nonno, il fratello e lo zio matto, chiuso in un manicomio. Attraverso le vicende della sua adolescenza, il giovane inizierà un percorso che lo porterà, piano piano, alla maturità.
Il Rex, forse inghiottito da un mare inquieto, non lo abbiamo visto. Per contro, personaggi che evocavano lo zio matto alla ricerca di una donna, molti di più. Magari senza ostentare l’intento, comunque sia, alla ricerca sfacciata di un pò di calore con cui scaldare la notte. Al posto del fakò del manichino, i manichini travolti dal vento e molto altro.
Chissà che questa volta, complice la neve, sulla spiaggia del bagno 55 non si avvisti un pavone volare.