Di Eleonora Boggio
Un sole tiepido, illanguidito da una brezza leggera che profuma di pini marittimi. La sabbia umida tra le pieghe delle suole. E’ mattino presto alla Riviera dei Fiori. Ed un fraintendimento di orario mi permette di gustarmi il mare d’inverno che mi godo con una passeggiata sulla spiaggia privata della Riviera Dei Fiori.
Prometto di ritornare in questo scampolo di mondo, quando rispondo al saluto di Silvia, nello staff del camping che ci saluta mentre partiamo alla volta delle montagne.
Finalborgo: un borgo che strizza l’occhio al passato
Due occhi gialli a veglia dell’ingresso del borgo. Non avevo mai visto un lupo così da vicino. Intorno qualcuno dice di stare attenta ma vince la curiosità e gli tendo le mani per permettergli di annusare il mio odore come se si trattasse di un semplice cane. A condurci nel dedalo rinascimentale è Riccardo. Ci perdiamo nelle sue viuzze, protetti dai bastioni delle mura ben conservate, intervallate da torri semicircolari e interrotte solo in corrispondenza delle porte. L’antica concezione difensiva e comunitaria sopravvive nel reticolato delle vie, disposte perpendicolarmente tra loro a formare scorci affascinanti in spazi contenuti. Se i palazzi rinascimentali e barocchi, la Basilica di San Biagio, il complesso di Santa Caterina e – fuori le mura – Forte San Giovanni e Castel Gavone, esprimono, la forza del borgo, i negozi e le botteghe artigiane ne rappresentano la vivacità.
Tra frantoi e taggiasche: vita da olive
Il tempo di un caffè ed è già ora di ripartire. Verso la collina dove ci aspetta la famiglia Sacone dell’omonima azienda agricola al gran completo. In località Perti su un costone di circa due ettari prevalentemente sassoso, calcareo e permeabile, di terre rosse e bianche, si estende una tenuta di ulivi. Trecentosessanta piante con prevalenza taggiasca i cui tronchi, contorti narrano la storia di questa tenuta. Ad intervalli regolari una pianta di rose che dimostra il buono stato dei filari nel vigneto. Infatti i parassiti delle rose sono gli stessi presenti nei vitigni e dal buono stato delle prima ne consegue la resa dei secondi. Ma siamo lì per un altro motivo. Bruno, il padron di casa, ci fa simulare la raccolta delle olive. Occhiali di plastica trasparente per proteggersi dalla caduta dei frutti dai rami e siamo pronti. La maggior parte sborda dalle reti di plastica tese a terra per agevolare la raccolta. Ne restano circa cinque chili che verranno mandate al frantoio. La fatica è ripagata da un aperitivo che ha sembianze di un pranzo. Focaccia con formaggetta e un pesto dalla bontà inqualificabile. Tutto bagnato dai vini prodotti nella tenuta: i bianchi Lumassina e Vermentino e una corposa Tormellina ricavata dalle uve rossese.
Mountain Bike: da Le Manie a Varigotti
Saliamo ancora fino a raggiungere la località Le Manie dove pranziamo alla trattoria La Grotta. Frittelle di verdure, trofie al pesto e un’irriverente brezza che gonfia le tende delle finestre. Con ancora sul palato il retrogusto dello zucchero a velo delle frittelle siamo pronti per partire in sella alle nostre mountain bike alla volta di Varigotti. Colpa del rapporto sbagliato e del sellino troppo basso, ma i primi cinquecento metri in leggera salita, con la digestione in corso stavano per persuadermi a mollare il colpo. Poi, la curiosità di vedere cosa ci fosse oltre quei tornanti ha avuto la meglio. E così, liberati i freni, mi sono trovata a rincorre col vento in faccia, un virato tramonto ligure, superando la mia paura di non farcela. E quell’attenzione maniacale davanti a ogni buca si è sciolta in gioia quando il cielo si è aperto oltre le fronte della foresta scura. Brillando, imbrattato com’era nelle punte degli ocra e dei rosa. Basterebbe il ricordo delle luci improvvisamente accese sotto di noi a rendere quel presepe di case il ricordo più dolce dell’intero viaggio.
Caccia al tartufo!
Con gli occhi pieni di un arcobaleno cromatico, raggiungiamo i boschi di Millesimo. Il sole è calato e con lui la temperatura che si fa d’improvviso rigida. Quattro bracchi scalpitano puntando verso la radura: sono i cani da tartufo. Pongo e Luna, dietro le incitazioni del loro padrone cominciano a scavare e poi, fieri, in attesa del premio portano la pepita scovata sotto terra. Dopo un’ora tra i pioppi, recuperato il necessario per la cena, ci dirigiamo a Gienco Alto, dove all’osteria Il Castello, degustiamo il frutto della nostra fatica. Polenta con farina di mais e fonduta con abbondante spolverata di tartufo bianco, formaggetta dop con lo scorzone nero. Un bonet, come dolce, chiude le danze dei sapori anticipando con i suoi amaretti, la giornata di domani. Nei boschi limitrofi di Sassello. Tra funghi e micologi.